Zewarl entrò nel boccaporto di poppa, storcendo il lungo
collo per farlo passare nel pertugio. Odiava quella parte della nave.
Zilar era chino sul Programmatore, come sempre. Zewarl ne
aveva più che abbastanza. Non sopportava quella missione e non sopportava il
suo compagno, che invece ne era letteralmente entusiasta.
“Allora?” fece con tono brusco raddrizzandosi “Hai finito
con quel maledetto giardino?”
“Non ancora” rispose Zilar.
“Ma a che punto sei, si può sapere?”
Zilar alzò tutti e sei gli occhi verso il compagno “E si può
sapere tu cos’hai?”
“Che cos’ho?” domandò Zewarl con tono polemico. “Ok, te lo
dico che cos’ho. Sono chiuso in un’astronave da laboratorio con un esaltato, incosciente
e stacanovista.”
“Ah, è così che la pensi? Siete sempre i soliti , voialtri!”
rispose Zilar con cattiveria. “Sempre tre occhi al marcatempo, due chiusi e uno
sul lavoro, se va bene! Sempre a cercare di fare il minimo indispensabile!”
“Non ti permetto queste calunnie!”
“Calunnie?! Ho detto esattamente
la verità, Zewarl. Fin dal primo giorno, hai cominciato a protestare su quello
che non è di nostra competenza.”
“E lo confermo, per gli dei! Ma
chi ti credi di essere?”